sabato 10 agosto 2013

VERONA e PROVINCIA: SPORCHE, INANE ED AMARE ACQUE ! SPAVENTOSO SOTTOSUOLO!

Nell’ ultimo anno 5 volte, in 15 giorni due allarmi.

Gli abitanti della provincia di Verona hanno a disposizione il loro più grande  bene comune, l’acqua, che versa in uno stato pietoso.
                       Segnalo 5 criticità recenti, se qualcuno se le fosse dimenticate.
       Non più di un anno fa le anguille del Garda (acque superficiali o acque profonde ?) sono state interdette dalla pesca per il troppo elevato contenuto di diossina. 
Qualche interpellanza, qualche decreto, articoli sui giornali qualcuno incendiario, qualcuno pompiere, poi la stagione turistica avanza, il silenzio cade come una nebbia, le anguille non saranno pescate, chissà....
                      Nessuna ricerca sulle cause, quindi nessuna prevenzione.
      Nello stesso periodo nella regione di Povegliano  (acque superficiali) viene trovata atrazina, diserbante ritirato dal commercio più di venti anni prima, uno  dei più tossici mai esistiti. Chi lo ha prodotto ? Chi lo ha commercializzato ? Chi lo ha disperso ? Non si sa non ci sono colpevoli, sembrerebbe  un reato da perseguire d’ufficio ma regna, come sappiamo, l’impunità e l’omertà, anche questi l’hanno fatta franca, e chissà quanto ne useranno ancora.

Due mesi fa, Basso Vicentino, est veronese bassa padovana. 30 comuni sono momentaneamente senza acqua perché questa è inquinata da PFOAM, composti perfluoro-alchilici, usati per rendere i tessuti più resistenti all’acqua. Panico generale. È una sostanza talmente inaspettata e sconosciuta che in Italia non esistono neanche i parametri di sicurezza. Lo stesso Istituto Superiore di Sanità (ISS), interpellato immediatamente dalle autorità competenti non sa che direttive dare. Intanto in quelle ULSS, secondo il registro dei tumori del Veneto, vi è un aumento di leucemie e linfomi del 40% contro un aumento medio regionale del 17%. La soluzione scelta è quella di diluire l’acqua con altra non contenente PFOAM, finchè questi sono in concentrazione ritenuta accettabile. Sono state cercate le cause, i colpevoli, la provenienza ? ...
Quindici giorni fa, Negrar. La sorgente Terminon (acque profonde), che da acqua ad una buona metà del comune, risulta inquinata da Tetracloroetilene (TCE). Viene immediatamente e scrupolosamente invitata la popolazione a non bere l’acqua e si pensa così di aver adempiuto alle responsabilità. L’acqua viene diluita con acqua senza TCE, dell’acquedotto di Verona ed il problema è bell’e risolto, con l’aiuto poi di qualche filtro (magico ?) Da dove vengono queste sostanze ? Come mai si trovano lì? Che percorso hanno fatto ? Di chi è la responsabilità ? Saranno puniti i colpevoli ? Se non si sa, come si farà ad evitare che succeda in futuro ?
Del 9 agosto è la notizia che a Quinto di Valpantena (acque superficiali o meno profonde) nitrati ed organoalogenati  inquinano i pozzi privati di una trentina di famiglie. Non è quella dell’acquedotto. Qui inizia la confusione. Ne viene data colpa all’agricoltura, i nitrati sono i concimi,  gli organo alogenati sono assimilati ai pesticidi. Ma anche il TCE è un organo alogenato, allora è indiziata l’agricoltura anche a Negrar ?
Quali sono le responsabilità dell’agricoltura, quelle dell’industria o artigianato, dell’allevamento, quelle individuali di qualche disgraziato ?Quali quelle del percolamento delle discariche ? E quali sono quelle dei gestori della cosa pubblica,delle amministrazioni ?  E’ proprio la mancanza di una politica di conoscenza, di visione generale del territorio, di una politica che sappia valorizzare e difendere uno dei beni più preziosi e sempre più rari. La causa prima di questi disastri e proprio il lasciar andare, non prevenire, intervenire a danni fatti, ignorare la preziosità, l’unicità, l’irripetibilità del bene acqua, la stessa acqua di cui siamo fatti tutti noi. Le stesse strutture che abbiamo non sono fatte per la prevenzione, la ignorano, sono sempre a rincorrere i danni.
Come abbiamo visto gli inquinanti non fanno differenza di luogo (nord, sua, est, ovest), di profondità o superficialità, di tipo di inquinanti, in 5 punti sono 5 differenti, è tutto un pullulare di diversità, uno peggiore dell’altro. Ognuno merita un’indagine propria, che non si può fare qui, attendiamo questo dalle autorità competenti.
La soluzione è però comune per tutti i danni, si diluisce finchè non rientra nei parametri. Di questo passo i 5 inquinanti saranno presenti tutti, però ad un dosaggio inferiore alla soglia di legge, ai limiti massimi consentiti per ognuno. Quale soluzione sarà preferibile per noi, per i neonati, per le donne incinte, per gli anziani ? Nessun studio finora è riuscito a capire i danni da multi residui, proprio per questo intanto si preferisce “tirare avanti” così, finchè non si faranno finalmente indagini anche sui multi residui, per cui avremo le “evidenze scientifiche” e anche di fronte a quelle l’opinione pubblica farà fatica a rendersi conto della irreversibilità della situazione. E non parliamo dei multi residui del cibo o dell’aria.
Nonostante le difficoltà nello stabilire le cause le responsabilità dirette ed indirette dell’agricoltura sono da mettere a fuoco. Il consumo di acqua dai pozzi di grande profondità  per l’irrigazione dei nuovi  vigneti per esempio, togliendo acqua dal fondo fa percolare le acque superficiali più inquinate, aumentando la concentrazione di inquinanti in quelle profonde. Ma più importanti ancora sono le cause dirette, le tonnellate (dai 15 ai 18 milioni di litri) di pesticidi sparsi ogni anno nella provincia di Verona.
Per questo è ora che tutte le autorità e le associazioni che hanno responsabilità sulla salute, sull’agricoltura, sull’acqua, sulla programmazione affrontino con serietà la cosa, senza escludere nessuna opzione. La prima opzione cui dare spazio è  accelerare la scelta dell’agricoltura biologica.  Nel calcolo dei costi di ogni prodotto agricolo bisogna inserirei costi sociali e sanitari, ed i vantaggi della sostenibilità e della biodiversità.
Tempo non ce n'è ancora molto.

Giovanni Beghini
Associazione TERRA VIVA Verona



VENETO E PESTICIDI


La regione Veneto ha iniziato lo scorso mese uno studio sulla possibilità di diminuire l’uso dei diserbanti nei seminativi. Una iniziativa che merita un grande applauso. Dimostra che anche a livelli dirigenziali ci si rende conto che c’è bisogno di voltare pagina. Perché è documentato che la provincia di Treviso ha sparso 55000 litri di glifosate in un anno. Estrapolando questo dato si può ipotizzare che in tutto il Veneto  se ne usino almeno 250 000 litri in ogni anno. Cifre insostenibili per la salute umana e dell’ambiente
Se si sapesse poi quanti  pesticidi in totale  vengono usati annualmente in Veneto  saremmo tutti giustamente terrorizzati. La provincia di Verona è una delle più agricole d’Italia  e questo si vede anche dal consumo di fitofarmaci. In totale il 42 % di quelli di tutto il Veneto  che sono dai 15 ai 18 milioni di litri (kg)/anno, sono sparsi nella nostra provincia. Tutto (o quasi) a norma di legge, con l’autorizzazione regionale, dei vari consorzi di tutela dei prodotti, delle ASL e dei loro SIAN, dei patentini, con la registrazione dell’ARPAV, l’assenso di Acque Veronesi. E questi solo in agricoltura, senza contare quelli che sono in libera vendita nei negozi come biocidi per la casa e per gli orti, che non sono né pochi né innocui.
Ogni abitante del Veneto  ha in dote dall’agricoltura 20 litri di pesticidi/anno,meno nelle città, dove ci sono altri problemi, ancora di più per i tre quarti dei veronesi  che vivono e respirano a diretto contatto con le campagne.  Non consideriamo per ora l’uso dei fertilizzanti chimici, che sono in quantità di alcune volte maggiore e che hanno effetti sull’ambiente importanti di eutrofizzazione, di salificazione, di perdita di humus, alla lunga di desertificazione ma non hanno effetti diretti sulla salute come i pesticidi.  Parliamo solo dei “fitofarmaci” classificati come irritanti, nocivi, tossici e molto tossici per la salute. 20 litri, che quest’anno, a causa dell’andamento climatico, sono stati molti di più.
Non solo di più ma anche più tossici, la stessa regione già in data 25/3/13 autorizza “in deroga” l’uso di Mancozeb e Folpet  per un massimo si tre interventi ognuno, più altri prodotti del gruppo delle fenilammidi, un dosaggio talmente largo che è come non mettere nessuna limitazione.  Questi prodotti , a causa dei loro danni alla salute (tumori alla tiroide, alla pelle del sangue)saranno esclusi dal commercio per decreto europeo, dal 2014. Nel trentino vitivinicolo hanno già imparato a farne a meno da qualche anno mentre nella nostra regione, con le deroghe “facili” si continua ad alimentare il circuito perverso “paura di perdere il prodotto-dipendenza dai consorzi agrari-inesperienza-auto ed etero avvelenamento”  Con grandi affari delle multinazionali della chimica e sicuro ulteriore aumento di malattie umane.
Non meraviglia che i dati dell’ISPRA sullo stato delle acque rilevi che il 53%  dei campioni delle acque superficiali contenga da uno a sette pesticidi contemporaneamente e che anche le acque profonde ne siano contaminate, nella misura del 23 %. Queste sono quelle che servono per bere, che sono in un equilibrio così precario che basta poco ad alterarlo, vedi recente fatto di Negrar. Queste acque sono  quelle delle risorgive, quelle dei centri termali. Anche quelle con cui si fabbrica la coca-cola distribuita in tutta Italia. Gli organismi umani ed animali sono diventati  dei giganteschi e capillari filtri e smaltitori di sostanze tossiche diffusi su tutto il territorio. I pesticidi infatti sono i più numerosi fra i POPs. I POP (persistent organic pollution)  hanno la caratteristica di degradarsi  in tempi lunghissimi, e molte volte i metaboliti che ne derivano sono altrettanto tossici. Prima o poi entrano nella catena alimentare iniziando i fenomeni di bioaccumulo e biomagnificazione e giungono fino a noi in poco tempo.
C’è chi spera nel fenomeno della mitridatizzazione o chi, fiducioso darwinista, conta nella selezione di umani resistenti ? Questo sembra il comportamento dei nostri decisori, sia politici sia economici, quelli che decidono cosa dobbiamo mangiare, come dobbiamo coltivare, come dobbiamo spendere. Non è quello che pensano centinaia di scienziati e ricercatori, migliaia di contadini, milioni di consumatori.
Ora tutti riconoscono i danni da inquinamento delle città da PM10, ma fino a pochi anni fa chi richiamava  l’attenzione su questo era classificato come pedante allarmista ambientalista mentre ora è diventata invece una necessità  regolamentata da precise direttive europee e così succederà con i pesticidi attuali.
Molte volte viene dichiarato che i principi attivi “moderni” non sono più tossici come quelli di una volta ma bisogna fare attenzione. Quasi sempre essi sono commercializzati  in base a studi presentati dalle aziende produttrici, che vengono più o meno accettati dalle strutture addette  ma che non sono verificati da appositi studi indipendenti. Si crede a quello che l’azienda vuole dire, non si chiede  neanche la presentazione di tutti gli studi fatti, in particolare di quelli scartati. Dall’altra parte invece ci sono migliaia di scienziati indipendenti che ogni giorno pubblicano articoli sui danni alla salute dei pesticidi. Ma questi raramente vengono ascoltati. Una inversione di tendenza  sembra però esserci  stata recentemente. E’ stato finalmente vietato  l’uso dei neonicotinoidi, almeno per uno dei suoi molteplici utilizzi, per il danno evidente che  queste sostanze hanno sulla vita delle api. 
Il potere di determinare le politiche agricole europee, e lo stato di salute degli europei evidentemente è ancora saldamente in mano alla Bayer, alla Syngenta, alla BASF, alla Dow Agro Science ed alla Monsanto, le cinque più grandi multinazionali dell’agrofarmaco ( e delle sementi), delle quali sarebbe interessante conoscere i profitti settore per settore, perché questo spiegherebbe la loro determinazione.
 La politica di queste multinazionali prevede il sistema del ritiro-sostituzione di un prodotto, una specie di “spoil  system”  per cui dopo un certo tempo un prodotto diventa obsoleto vuoi perché dimostrata inconfutabilmente la sua tossicità vuoi perché il suo prezzo non è più remunerativo. Allora viene sostituito con un prodotto “nuovo”, “moderno”, “non tossico” solo perché  non ci sono ancora indagini epidemiologiche a suo carico. Molte volte questo prodotto è anche più costoso. L’appartenenza alle medesime  classi chimiche, la certezza del risultato, i meccanismi d’azione fanno però sospettare che  lo troveremo sul banco degli imputati fra qualche lustro.
Gli umani, tutti gli esseri viventi, la terra fertile, anch’essa un essere vivente, non possono sopportare ancora a lungo un carico del genere. Le persone maggiormente esposte sono gli stessi agricoltori ed in modo particolare i loro famigliari, ma lo sono le persone che vivono più o meno in prossimità delle campagne e tutti i consumatori, tutti coloro che mangiano: in circa la metà di frutta e verdura, come in tutti gli altri cibi, sono presenti residui, molte volte multi residui.  Che questi siano all’interno dei LMR (Limiti Massimi Raggiungibili,) consola poco, molto meglio per tutti sarebbe che non ci fossero,  Ma soprattutto  i più esposti, i più in pericolo sono i bambini, i non ancora nati, nei quali gli effetti sono centuplicati. Le generazioni future. In nome di quelli dobbiamo cambiare strada. E l’alternativa esiste.
Tornando al diserbante glifosate così usato nel Veneto ed in tutto il mondo, è specificato sulla sua etichetta,  nelle sue frasi di rischio, che è “irritante per gli occhi e per la pelle e dannoso per l’ambiente acquatico”.  il paradosso è infinito, si riconosce che è tossico per l’ambiente acquatico e si permette di spargerne 250 000 litri all’anno ! E’ questa la sostenibilità, l’ attenzione alle generazioni future, l’immagine che vogliamo esportare ?
Naturalmente queste sono solo le tossicità riportate dalla ditta produttrice. Il mondo scientifico indipendente lo ritiene causa di tumori, di infertilità, di malattie degenerative, intestinali, autoimmuni, renali per gli umani oltre che distruttore della biodiversità
Bene fa la regione Veneto a pianificare il proposito di eliminare i diserbanti dai seminativi ancora meglio se li estendesse a tutte le altre colture della regione.  Molte meno persone si ammalerebbero e i cibi sarebbero più affidabili.

Giovanni Beghini

Associazione TERRA VIVA Verona